Visualizzazioni totali

mercoledì 23 dicembre 2009

Un Triestino a caccia di Tesori Sommersi

Claudio Bonifacio, in Spagna dal '70
di FRANCESCO CARDELLA

A caccia di relitti sommersi, galeoni sperduti, antichi tesori. Da quando si è trasferito in Spagna, Claudio Bonifacio ha visto la sua vita tramutata nell’avventura sognata da piccolo, quando alimentava la fantasia con libri di storia e leggende di velieri e pirati. Bonifacio è infatti l’artefice di ricerche che hanno sfiorato perfino Cristoforo Colombo. L'attività di Claudio Bonifacio è intanto diventata un libro edito da Mursia che uscirà ad autunno, «Galeoni con tesori. Dove sono affondati, cosa trasportavano», edizione italiana di un testo già uscito in Spagna.
Nato a Trieste nel 1947, Claudio Bonifacio approda in Spagna nel 1970. Lavora nel campo dell'export ma non perde di vista la sua passione, la storia. La famiglia e i due figli non frenano questa vocazione: trova il tempo per laurearsi con una tesi di indirizzo storico-economico. Quasi un presagio.
Nel suo libro il triestino - definito ufficialmente a Siviglia, dove risiede, quale «historiador - investigador» (storico, investigatore) - racconta genesi, tecniche e obiettivi di un percorso che si snoda tra archivi, mappe e biblioteche ma soprattutto tra fondali e sponsor. Una missione che parte nei primi anni '80, quando Bonifacio, in vacanza alle Canarie, entra in contatto con un vecchio bagnino esperto di storie di velieri sommersi che parlano di tesori nascosti ma intatti. Claudio ne è colpito, scinde realtà da leggenda e si immerge tra gli archivi della Compagnia delle Indie a Siviglia e in quelli di Stato di Cadice.
Poche le tracce, molti i documenti. E finalmente uno spunto: le tracce della fregata Mercedes, a picco in una battaglia nel 1804 nelle Isole Selvagge, tra Madeira e le Canarie. Le ricerche sembrano circostanziate, uno sponsor italiano risponde all'appello ma nel novembre del 1982 la Marina militare revoca i permessi e il recupero sfuma.
Claudio però si rituffa nelle mappe, affina studi di paleografia e si rimette in viaggio. Letteralmente. Oramai la sua vita è questa e tra naufragi e successi acquista credibilità tra sponsor e media: la Rai propone su di lui un reportage. Il triestino è a un passo dal colpaccio nel 2001, quando un suo articolo pubblicato dalla rivista ”Mondo Sommerso" offre il destro a un italiano, Roberto Mazzara, di mettersi sulle tracce della Campana della Santa Maria, una delle tre mitiche imbarcazioni di Colombo. Tra i due nasce un accordo in termini di diritti ma le autorità spagnole dei Beni culturali tengono d'occhio il triestino: «Vogliono ostacolarmi - fa sapere lui da Siviglia - ma non mi fermerò». «Nei fondali marini - aggiunge - sono sommersi valori pari a 5 milioni di dollari con più di 1200 tonnellate di oro e 12 mila di argento. Facciamone un uso sociale, recuperiamolo per opere pubbliche, per il bene di tutti, per chi ne ha veramente bisogno». Lui, l'«historiador e investigador» di San Giusto, è pronto a salpare.
(fonte: IL PICCOLO)

sabato 19 dicembre 2009

Trailer di film che trattano di tesori

Sahara anno 2005



Trappola in fondo al mare (Into the blue)



National Treasure



National Treasure 2



Tomb Raider



Tomb Raider 2 La culla della Vita



Tutti pazzi per l'oro



Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo



Indiana Jones e l'ultima Crociata



Indiana Jones e i presatori dell'arca perduta



Indiana Jones e il tempio maledetto



Il Tesoro dell'Amazzonia



Abissi

lunedì 9 novembre 2009

Colpo grosso con il metal detector trova un tesoro

Lo scorso 28 settembre David Booth, un 35enne scozzese, aveva da poco comperato un metal detector da 250 euro. Per trascorrere un po' di ore all'aria aperta alla ricerca di qualche moneta più o meno antica. Si era addestrato qualche giorno a cercare forchette e cucchiai dal lui sepolti, per poi recarsi in un campo vicino alla cittadina di Stirling, in Scozia, per mettere in pratica quanto imparato. Trovato un posto dove parcheggiare, è sceso dalla macchina, ha acceso il suo strumento, ha percorso sette passi e la luce rossa si è accesa al massimo della sua potenza. Spento il metal detector si è messo a scavare e dopo appena una dozzina di centimetri di terreno ecco comparire un vero e proprio tesoro. Quattro collane d'oro, per un valore di un milione e centomila euro, lo aspettavano da oltre 2.300 anni. "Mi sono recato sul quel terreno - ha spiegato Booth - solo perché ho avuto il permesso dal proprietario, anche se sapevo che la zona era stata interessata da qualche evento storico risalente all'età del ferro. La scoperta è stata davvero inaspettata, perché non solo c'è voluto pochissimo per trovare le tracce, ma il tutto è venuto alla luce molto velocemente, dopo aver scavato solo con una piccola cazzuola. Di fronte a quei monili ero incredulo, perché pur sapendo che fosse oro visto che me lo indicava il metal detector, non immaginavo il loro valore storico". Le analisi tecniche hanno dimostrato che due collane dovevano essere di origine scozzese o irlandese, mentre gli altri resti dovevano provenire dal sud-ovest della Francia. Gli studi sono stati realizzati dal National Museum della Scozia e rese pubbliche in questi giorni. Fraser Hunter è stato tra i primi ad osservare quanto scoperto da Booth: "Quando ho visto le prime immagini che mi sono state mandate via mail quasi sono caduto dalla sedia" ha detto, e ha chiesto immediatamente di realizzare un sopralluogo sul posto.
OAS_RICH('Middle');
Il risultato è stata la scoperta di tracce di un casa sotto la quale, probabilmente, erano stati sepolti i gioielli, anche se l'edificio poteva essere una sorta di santuario votivo. "La scoperta ha un valore archeologico notevole perché si era sempre pensato che le popolazioni del luogo fossero isolate dalle altre. L'aver scoperto tali collane ci dice che non era così. Ora dovremo rivedere molte cose sui nostri avi". Secondo i ricercatori infatti, lo stile delle collane è una fusione di tecniche mediterranee e scozzesi ed è la prima volta che si osserva qualcosa del genere. Le analisi dicono che i gioielli dovevano appartenere a un gruppo celtico. La scoperta, secondo gli esperti, non ha confronti con altre se non con una avvenuta nel 1857 quando vennero trovati altri monili d'oro in un campo del Moray. La posizione esatta della scoperta di Booth è stata segreta e rimarrà tale fin quando non saranno stati eseguiti tutti i rilevamenti. La fortuna di Booth è certamente superiore a quella di un vincitore al superenalotto, ma non è il primo a incappare in scoperte simili. Nel novembre del 1992, ad esempio, vicino al villaggio di Hoxne, in Inghilterra, Eric Lawes prese in prestito un metal detector da un vicino. Cosa trovò? 24 monete di bronzo, 565 d'oro e 14.191 d'argento più centinaia di gioielli, statuine e altro, risalenti al periodo romano. Valore, 2 milioni e 800 mila dollari. Il signor Bassum, invece, nel 1924 trovò, nell'unico posto al mondo dove chiunque può cercare diamanti per hobby, un esemplare da 40 carati del valore di 800.000 dollari. E ancora. Michael Sparks comprò per 4 dollari una pergamena trovata in un garage, una copia della Dichiarazione d'Indipendenza americana: la vendette a 2 milioni e mezzo di dollari. Teri Horton, camionista in pensione, acquistò da un amico per 5 dollari un quadro che gli piaceva tanto. Messo nelle mani di un esperto risultò essere un lavoro del pittore Pollock (pur se con qualche dubbio) per il quale un anonimo arabo sarebbe stato disposto a sborsare 9 milioni di dollari.

martedì 27 ottobre 2009

Elenco siti che trattano su tesori sommersi

Di seguito un elenco di siti che trattano di tesori sommersi e non

L’archeologo francese Franck Goddio (www.franckgoddio.org), oltre a riportare alla luce la nave ammiraglia Orient su cui veleggiava Napoleone, ha recuperato al largo di Alessandria d’Egitto statue monumentali, monete e oggetti artistici del VII secolo avanti Cristo, oggi in mostra al Gr

Più fiabesca la vicenda di Mel Fisher il famoso cacciatore di tesori
http://www.melfisher.com/


Per chi vuole andare a colpo sicuro, senza investire troppo tempo nella ricerca, c’è sempre il Cratere dei Diamanti (www.craterofdiamondsstatepark.com). Si tratta di un parco statale situato nello Stato americano dell’Arkansas: è l’unico giacimento di pietre preziose aperto al pubblico e di libero scavo. Chiunque può entrare, mettersi a cercare e tenere ciò che trova. L’ultimo ritrovamento è dell’ottobre scorso: il cercatore Bob Wehle si è portato a casa un diamante di 5,47 carati.


Con l’ausilio di tecnologie modernissime e dai costi miliardari, Ballard ha esplorato anche il relitto della corazzata tedesca Bismarck affondata nel 1941, del transatlantico Lusitania silurato nel 1915 e ha individuato al largo di Israele due navi fenicie vecchie di 2.500 anni. INFO: http://literati.net/Ballard

giovedì 15 ottobre 2009

Italia Terra di Tesori

Pare che l’Italia pulluli di tesori nascosti; in Piemonte, ad esempio, e precisamente a Belveglio (Asti), sotto il castello Belvedere che anticamente aveva l’allegro nome di Malamorte, esiste un dedalo di gallerie, anfratti, grotte dove si cela un ricchissimo tesoro composto da monete e gemme preziose.
Nelle vicinanze di Villar Perosa invece c’è il “Roccio d’la Fantina”, un masso su cui qualcuno ha tracciato con la calce dei misteriosi segni, quasi una mappa: dicono che chi riuscirà a decifrarli troverà tutti i tesori nascosti nella vallata.
Per scoprire quelli anfrattati nei territori marchigiani bisogna munirsi di una “palla simpatica”, una sfera di legno alla quale è legata, con un rametto di faggio, una calamita; ad ogni modo molti oggetti preziosi sembra siano sepolti sotto le rovine del castello posto sul Colle di Santa Colomba vicino a Pergola, mentre nelle viscere del monte San Cristoforo è nascosto un telaio tutto d’oro.
Nella lombarda Trezzo sull’Adda, sotto i ruderi del castello, dicono che vi siano ancora pezzi dimenticati del tesoro del Barbarossa, arraffato dai milanesi dell’epoca.
Altre ricchezze stanno nei fondi dei castelli di Urgnano e di Pandino; visto che l’unione fa la forza anni fa, a Treviglio, un gruppo di speranzosi amici fondò l’”Associazione Anonima Tesori” con tanto di sedi (via Adua 1 e via Terraccio 1), regolamento e carta intestata: purtroppo il sodalizio si sciolse dopo varie infruttuose esplorazioni dei succitati sotterranei.
A Gaeta, vicino al promontorio detto La Nave, c’è un buco nella roccia chiamato Pozzo del Diavolo dal quale esce uno stranissimo rumore prodotto dalle onde che si rifrangono sul fondo: dicono che lì si trovino anfore zeppe di preziosi d’altissimo valore.
A Cosenza, nel fiume Busento, insieme a Re Alarico sono sepolte le sue ricchezze e a Longobuco, poco dopo il ponte sul Trionfo, ci si imbatte in una grossa roccia chiamata “la Gnazzita”; basta sollevarla per trovare sotto di essa una chioccia d’oro attorniata da tanti pulcini d’oro anch’essi.Per la cronaca, la chioccia d’oro coi pulcini o le uova era una tipica opera d’arte d’epoca bizantina, una specie di divinità casalinga che simboleggiava la famiglia e la relativa protezione matriarcale.Quasi tutte le dame nobili ne avevano una, più o meno grande a seconda della ricchezza familiare; e di tesori leggendari che citano chiocce d’oro ce ne sono molti sparsi in tutta Italia: basta cercarli.
Infine è interessante sapere che nel 492 d.C. gli abitanti di Aquileia, assediati dalle truppe di Attila, decisero di abbandonare la città; ma prima scavarono un profondo pozzo, vi nascosero tutte le loro ricchezze e lo riempirono di terra.
Però nessuno fu poi in grado di ritrovarlo e, sino ai primi del 1900, nei contratti di vendita dei terreni vi era inclusa una clausola tramite la quale il venditore si riservava, in caso fosse stato localizzato, l’esclusiva proprietà del pozzo e del suo contenuto: ma ancora oggi è sempre lì, che aspetta paziente di essere scoperto.

Autore Mitì Vigliero

Addio al Tesoro di Topliz

Addio al tesoro di Toplitz
Il lago austriaco di Toplitz, dove da anni si svolge una vera e propria caccia al tesoro... dei nazisti. Dal dopoguerra nel lago di Toplitz, situato sulle Alpi austriache, si cerca un misterioso tesoro, che sarebbe stato nascosto dai nazisti. Ma fra poco le ricerche saranno proibite. (F.D. 12 ottobre 2009)Stop alle ricerche nel lago Toplitz, il luogo dove i nazisti avrebbero nascosto un tesoro alla fine della seconda guerra mondiale. Il Bundesforste, l'ente austriaco di protezione delle foreste, ha intenzione di vietare le immersioni esplorative. Il mistero. Le leggende sul tesoro di Toplitz si sono diffuse a partire dall'aprile 1945, quando alcuni abitanti della zona furono costretti da un plotone nazista a trasportare varie casse sulle sponde del lago, casse che vennero poi gettate nelle acque. Sul contenuto del misterioso carico molto si è speculato, fra le ipotesi: documenti segreti, oro razziato in mezza Europa, opere d'arte e addirittura la camera d'ambra di San Pietroburgo, smantellata dai tedeschi e poi scomparsa. Ma in realtà i numerosi tentativi per recuperare il tesoro hanno portato in superficie solo sterline false, che furono stampate dai nazisti come estremo tentativo per ribaltare le sorti della guerra. Hitler infatti intendeva minare le economie inglesi e statunitensi inondandole di denaro contraffatto. Il lago. Il nuovo divieto alle ricerche è motivato dai danni che si potrebbero arrecare all'ecosistema e dalla pericolosità delle spedizioni di ricerca subacquea. Il lago, infatti, è infido, è profondo 100 metri ma già sotto i 20 metri non c'è più ossigeno né tracce di vita. Sul fondale inoltre ci sono numerosi tronchi morti nei quali i sub, spesso non autorizzati, rischiano di rimanere impigliati. E in passato alcune immersioni fai-da-te si sono concluse in tragedia. Il Bundesforste ha però lasciato una possibilità agli aspiranti Indiana Jones subacquei: ha messo in vendita la licenza per un'ultima spedizione volta a mappare il fondale e dimostrare definitivamente che non esiste alcun favoloso tesoro.

giovedì 24 settembre 2009

Gb, disoccupato trova un tesoro


Gb, disoccupato trova un tesoro
La scoperta di un valore inestimabile
Era un semplice disoccupato, ma ha dimostrato di saper utilizzare bene le lunghe ore libere delle sue giornate senza un'attività lavorativa. Un britannico, Terry Herbert, utilizzando il suo metal detector, ha portato alla luce il più importante tesoro archeologico anglo-sassone mai scoperto nella storia. Era in un campo nel centro dell'Inghilterra. E comprende almeno 1.350 oggetti preziosi, tra cui molti sono d'oro e d'argento.

Il disoccupato, 55 anni, ha fatto la sensazionale scoperta lo scorso luglio, nella contea dello Staffordshire, mentre perlustrava il campo di un amico con il suo metal detector. Si trratta di una passione che Terry coltiva fin dall'età di 18 anni. Il tesoro, oltre che ricco, è anche molto antico: risale probabilmente al settimo secolo.

"I miei amici del club dicono sempre che se c'è un pezzo d'oro in un campo, sarò io a trovarlo. Ho paura di pensare a quello che diranno quando sapranno tutto questo", ha dichiarato.

La sua scoperta, la cui importanza è paragonabile a quella della tomba del faraone Tutankamen, contiene un insieme di materiale da guerra con almeno 84 pomi e 71 foderi di spade che presentano decorazioni complesse e delle granate incastonate nell'oro. Il tesoro contiene circa cinque chili d'oro e 2,5 d'argento, oltre a una grande quantità di pietre preziose. La sua valutazione richiederà un anno di lavoro.

Una selezione degli oggetti rimarrà esposta dal 25 settembre al 13 ottobre, al museo di arte di Birmingham. "La quantità d'oro è impressionante ma, più importante, la lavorazione degli oggetti è perfetta. Era il non plus ultra di quello che gli anglo-sassoni sapevano fare. Ed erano molto bravi", ha spiegato Kevin Leahy, esperto del settore. "Appartenevano sicuramente all'alta aristocrazia o alle famiglie reali anglo-sassoni", ha aggiunto.

sabato 5 settembre 2009

Da 30 anni Trova tesori nel Tamigi

DA 30 ANNI TROVA TESORI NEL TAMIGI, DONATI A CITTA'
LONDRA - Anthony Pilson, 76 anni, ha passato gli ultimi 33 anni della sua vita a scandagliare le rive del Tamigi, in pieno centro di Londra, armato di metal-detector, secchio e rastrello. Per i più che lo guardavano dall'alto delle rive pareva un passatempo bizzarro, e niente altro. Anthony, invece, ha messo insieme in questi anni una collezione di pezzi rari del valore di centinaia di migliaia di sterline: reperti tanto ben conservati da far brillare gli occhi a decine di studiosi. E ora donerà la sua collezione al Museo di Londra, così che tutti i londinesi possano ammirarla. "Posso capire che se uno ha moglie e figli preferisca vendere i pezzi al miglior offerente", dice Anthony al Daily Mail. "Ma io preferisco che li abbia un museo, piuttosto che finiscano nelle cassette di sicurezza di una banca o in una casa privata".

La collezione, tra le altre cose, conta 2.444 bottoni e gemelli che vanno dal 14/o al 19/o secolo; sono fatti in bronzo, peltro, argento o osso e sono spesso e volentieri lavorati. Una coppia di gemelli del 17/o secolo mostra Carlo II ornato con una corona d'alloro. La palma d'oro del miglior ritrovamento se l'é però aggiudicata un 'provino' da sommelier in argento del 1634. "Christiés ha pensato che fosse falso, perché non avevano mai visto niente del genere", ricorda Anthony.

Era il 1977 - ovvero quattro anni dopo la prima escursione sulle rive del Tamigi. Tutto ebbe inizio quando un amico di Anthony gli confidò che il fango del Tamigi poteva riservare grandi sorprese. Così, un giorno che non lavorava, Anthony, all'epoca dirigente nel settore del trasporto mercantile, portò il suo metal-detector nel centro di Londra. Da allora non ha mai più smesso. Andato in pensione a 55 anni, ogni giorno Anthony batte le rive del fiume tra il ponte di Tower Bridge e quello di Blackfriars: armato di mappe che segnano i livelli della marea, scava, setaccia e porta a casa. Certo, Anthony non è il solo ad andar a caccia di tesori sulle sponde del Tamigi. La Society of Thames Mudlarks - che in un inglese un po' antiquato significa 'monelli di strada' - conta infatti circa 50 membri. E la loro attività è strettamente controllata dal Museum of London e dall'autorità portuale. Il primo registra ogni pezzo d'interesse recuperato dal fiume, la seconda controlla che i 'monelli' del Tamigi non scavino per più di un metro nel terreno, così come prescrivono le regole.

Oltre ai tesori, però, il grande fiume ha anche restituito curiosità - una palla di ferro con catena risalente al 1600 - e documenti di attività quotidiane - una serie di giocattoli medioevali che gettano nuova luce sull'infanzia di quel tempo. Il fango del Tamigi, infatti, è ricco di creta ed è in grado di preservare i reperti in modo straordinario. Tanto che delle scarpine di pelle di epoca medioevale, una volta ripulite, parevano gettate nel fiume da pochi giorni. La collezione di Anthony verrà ora catalogata e troverà - fra qualche anno - una degna sistemazione nel Museum of London.

sabato 1 agosto 2009

Tesoro sommerso nel borneo


Caccia al tesoro, la vince un tedesco


31 luglio 2009
Borneo - Sette milioni di euro. Ammonta a questa cifra il valore del tesoro sommerso scoperto mercoledì scorso dall'imprenditore tedesco Martin Wenzels, un appassionato di questa tipologia di ricerche. Il preziosissimo ritrovamento giaceva al largo del Borneo dal 1806 quando Forbes, la nave pirata che lo trasportava, naufragò. Per Wenzels questa passione ha comportato tuttavia un notevole sacrificio di tempo e denaro. Per recuperare il tesoro sono servite, infatti, ben 35 immersioni, svolte nel giro di due anni e costate intorno ai tre milioni d'euro.
Ma l'appetito vien mangiando, e Wenzels ha già dichiarato il prossimo obiettivo: due tonnellate d'oro che dovrebbero trovarsi al largo di Timor Est.

giovedì 16 luglio 2009

Trovato un tesoro di £ 250,000

Una casalinga trova un tesoro di £250,000 con il metal detector!
Una casalinga ha scoperto un tesoro del XVº secolo, in oro, stimato a £250,000 con un metal detector.
25 giugno 2009.
Il ritrovamento fa parte probabilmente di un reliquary o di un pendente di alta qualità e descrive la trinità santa.
La sig.ra Hannaby, 57 anni, da Hemel Hempstead, Hertfordshire, ha fatto la scoperta con il suo figlio Michael, un artigiano del legno di 33 anni.
Il tesoro era stato sepolto quattro pollici sotto terra (poco più di 10 centimetri!) per circa 500 anni...
Malgrado l'aratura ripetuta ed i tentativi precedenti per scoprire il tesoro, nella stessa zona del campo arabile fra Ashridge e grande Gaddesden.
La sig.ra Hannaby, è una ex lavorante della cucina del pub...
" Questa volta, (il metal detector) ha dato improvvisamente un suono alto..." ha detto suo figlio...
"Abbiamo sognato sempre di individuare un tesoro!".
A norma della legge sui tesori rinvenuti, legge del 1996, i cercatori devono segnalare il tesoro in oro ed argento con più di 300 anni...
I cercatori ricevono offerte, secondo il valore di mercato per le loro scoperte, su cui i musei hanno una prima opzione di acquisto...
Il ritrovamento potrebbe valere più di £250,000 (290.000 euro!) e la relativa incisione viene confrontata con quella del gioiello di Middleham, che è stato venduto all'asta per £1.300,000 nel 1986 e, successivamente, è stato rivenduto al museo del Yorkshire per £2.500,000!
Sotheby's lo venderà all'asta a Londra il 9 luglio...

Sigillo papale di Papa Clemente VII



Giocano su rive fiume e spunta "sigillo"Il sigillo papale era di Papa Clemente VII
13.07.09 - Un sigillo papale di Clemente VII e' stato trovato da ragazzini che giocavano sulle rive del Ramon, un fiumiciattolo affluente del Brenta. Il sigillo ha dormito per mezzo millennio sulle sponde del torrente, forse perduto o abbandonato da un Lanzichenecco in ritirata. Il ritrovamento e' stato fatto a Fontaniva, in provincia di Padova. Solo grazie ad uno studioso della zona, interpellato dai genitori dei ragazzi, e' stato riconosciuto il sigillo in piombo con la scritta 'Clemens PP VII'.

mercoledì 15 luglio 2009

Tesoro sepolto nell'isola di coco



La storia dell'isola di Coco sembra essere indissolubilmente legata a quella dei pirati e degli innumerevoli tesori che essi vi nascosero e che ancora oggi si cercano.
Il tesoro nascosto più famoso dell'isola è sicuramente quello che viene chiamato il "bottino di Lima" la cui storia ha inizio nel 1820 nel corso della guerra di indipendenza tra Cile e Perù. L'armata cilena stava per attaccare la città di Lima. Gli spagnoli che avevano accumulato a Lima una gran quantità di tesori e di ricchezze tentarono di metterli in salvo prima che la città venisse assediata dall'esercito cileno. Fu così che nel porto di Callao, allora territorio spagnolo, a bordo del brigantino inglese Mary Dear del capitano William Thompson, l'unica imbarcazione in grado di poter prendere subito il mare, furono imbarcate tutte le ricchezze della città. Tra questi inestimabili tesori d'oro, d'argento e di manufatti preziosi vi era anche una statua della Vergine Maria, con il Bambino in braccio. Questa statua scolpita ad altezza uomo, era probabilmente di oro massiccio incastonata di pietre preziose. Dopo aver accuratamente stivato il tesoro Thompson incaricò un prete e sei soldati di fargli da guardia. Ma tanta ricchezza si trasformò in una tentazione troppo forte per Thompson e tutto il suo equipaggio. Così una volta preso il largo il capitano fece uccidere nel sonno le sei guardie ed il prete e dopo aver dato i loro cadaveri in pasto ai pescecani fece rotta verso l'isola di Coco. Una volta approdati in questo luogo seppellirono il ricco carico contenuto in una dozzina di casse. Lasciata l'isola la nave di Thompson venne avvistata dagli spagnoli. Thompson e tutto il suo equipaggio vennero catturati. L'intero equipaggio fu impiccato mentre Thompson e un altro uomo la cui identità è ancor oggi ignota venne risparmiato a condizione che avessero rivelato il luogo dove era nascosto il tesoro. Ritornanti sull'isola Thompson e il suo compagno riuscirono a fuggire. E gli Spagnoli dopo aver trascorso una settimana sull'isola nel tentativo di catturarli nuovamente decisero di salpare. Thompson e il suo compagno rimasero sull'isola fino al momento in cui una nave in cerca di rifornimento d'acqua approdò sull'isola e portò in salvo Thompson e il suo compagno che dopo qualche giorno morì di febbre.
Dopo questa lunga avventura Thompson riprese il mare come semplice marinaio e durante uno dei suoi viaggi incontrò un navigatore canadese che si chiamava John Keating. Thompson invitò Keating a casa sua dove vissero insieme per tre mesi fino a quando in punto di morte, Thompson gli raccontò dell'ingente tesoro occultato, fornendo dati tanto precisi da permettere a Keating di effettuare tre visite sull'Isola di Coco, riportando ogni volta in patria discrete quantità d'oro e di preziosi che gli permisero di condurre una vita agiata. Ormai anziano, anche Keating pensò bene di trasmettere le proprie informazioni ad un vecchio quartiermastro, Nicolas Fitzgerald, perennemente in bolletta, che si affrettò a cedere annotazioni e mappe all'australiano Curzon Howe ricevendone in cambio una modesta somma di denaro.Questi documenti, oggi parzialmente esposti nelle vetrine del Nautical & Traveller Club di Sydney, conterrebbero, a detta di chi ha avuto l'occasione di esaminarli, dati e particolari molto interessanti.Uno dei fortunati che ebbe modo di esaminare l'intero carteggio fu il capitano francese Tony Mangel, famoso cercatore di tesori, che tra il 1927 e il 1929 approdò per due volte sull'isola di Coco, concentrando la propria attenzione su una grotta, parzialmente occultata dall'alta marea, a Sud della Baia della Speranza.Pur svolgendo delle attente ricerche, facendo uso anche di cariche esplosive, Mangel fece ritorno in Francia a mani vuote, convinto di aver perso inutilmente tempo e denaro. Ma sbagliava perché solo tre anni più tardi alcuni cercatori belgi rinvennero nella stessa insenatura, una statua d'oro alta 60 cm., raffigurante la Vergine, venduta in seguito a un collezionista statunitense per un'enorme cifra.Anche se nell'elenco originale dell'inventario lasciato da Fitzgerlad a Howe e conservato nel Museo Nazionale di Caracas, viene citata anche una Vergine di 2 metri in oro con pettorale da 780 libbre, tempestata da 1.684 pietre, tra cui tre smeraldi da quattro pollici. Poco importa che la statua rinvenuta abbia un'altezza notevolmente inferiore alla descrizione fatta da Fitzgerald, mentre è verosimile che Keating nei suoi tre viaggi per non destare pericolosi sospetti, trovata la statua che dovette certo sembrargli enorme, si sia limitato ad impossessarsi dei preziosi arredi, facilmente occultabili. Da quel momento Coco divenne nell’immaginario di tutti i navigatori più temerari l'isola del tesoro anzi dei tesori perché l'isola nasconde ben più di un tesoro. Nel 1824, prima di essere impiccato con tutto il suo equipaggio, il pirata inglese Bennet Graham, meglio noto nel Pacifico come Benito Bonito, sostò sull'isola per occultarvi un ingente tesoro sottratto al galeone spagnolo Relampago. A dichiararlo alle autorità statunitensi fu, trent'anni più tardi, la donna che lo aveva accompagnato nella sua lunga e sanguinosa carriera di pirata senza scrupoli. Confessione che anche lei fece soltanto in punto di morte non avendo forse mai cessato neanche per un solo attimo di sognare d'impossessarsi di quanto era gelosamente custodito a Coco.
Ma il miraggio del tesoro nascosto non era e non è ancora destinato a svanire.Si conta che dall'epoca di Thompson fino ai nostri giorni i tentativi per ricercare il tesoro sono stati più di trecento. L'ultima spedizione risale al 1992. In anni ancora più recenti sono molti coloro che sostengono la teoria dell'esistenza di un tesoro sull'isola.Nel 1998 un satellite della NASA ha rilevato la presenza di tre depositi d'oro sull'isola di Coco. Più precisamente due di essi si trovano sulla terra ferma mentre uno è stato individuato sotto il mare. Questa scoperta ha spinto il governo del Costa Rica ad investire denaro per promuovere nuove ricerche.

Tesori maledetti

Tesori maledetti
Accanto all'"itinerario maledetto" che contrassegna, a Rimini e dintorni, gli spiragli degli Inferi, i luoghi misteriosi, gli edifici infestati, si potrebbe tracciare una piccola ma ghiotta mappa dei tesori sepolti. Diciamo, intanto, che non c'è praticamente rocca, avanzo di castello e mozzicone di torre che non abbia alimentato qualche voce su tesori che si nasconderebbero in qualche intercapedine dei possenti muri o in qualche tenebroso cunicolo sotterraneo.Il più singolare, strepitoso e improbabile tesoro del riminese si celerebbe però nelle viscere del Monte Giove, a Santarcangelo. Qui, in una grotta non ancora scoperta, si troverebbero alcuni telai d'oro massiccio, azionati, di notte, da instancabili (e nient'affatto sindacalizzati) tessitori-fantasma. Così, almeno, la vende Giorgio Batini, premio Marzotto per il giornalismo, in un libro del 1968.Meno fiabesco è il tesoro dei Templari. Le ricchezze dell'ordine - com'è noto - erano spropositate. Nella sola Francia il Tempio possedeva novemila "capitanerie" e case fortificate. La sua rendita annuale, lira più lira meno, era di un migliaio dei nostri miliardi, che i Fratelli - che avevano fatto voto di povertà - tesaurizzavano fino all'ultimo centesimo. I capitali del Tempio erano sufficienti per comprare la Francia, l'Italia e un paio di principati tedeschi per buon peso. Nelle casse dell'ordine, la più grande banca di tutti i tempi, erano stipati il tesoro della corona francese, i fondi ecclesiastici, il denaro, i titoli e i gioielli dei privati. Quando nel 1307, con un blitz, Filippo il Bello fece piazza pulita del Tempio, ne confiscò parte delle proprietà altre ne incamerò la Chiesa. Ma il grosso dei liquidi e dei preziosi non fu mai ritrovato. Da allora lo si cerca inutilmente.A Rimini - come s'è accennato - i Cavalieri del Tempio possedevano una "filiale" di tutto rispetto, che aveva sede nella chiesa di San Michele in Foro. Va ricordato che nella città - nodo stradale di primaria importanza e porto molto trafficato - circolava parecchio denaro. Una parte cospicua l'avranno custodita, come dovunque, i Fratelli (inventori, tra l'altro, dell'assegno circolare). Dove si può cercare, ammesso che esista ancora, il tesoro dei Templari riminesi? Innanzi tutto nei paraggi della chiesa di San Michele in Foro, nella via omonima. Della chiesa, distrutta agli inizi del secolo scorso, resistono gli avanzi dell'abside. O a Gambettola, là dove sorgeva l'ospedale di Budrio, proprietà del Tempio e dipendenza di San Michele. O in qualche grotta scavata nel rosso tufo di Covignano, se si prende per buono il collegamento tra l'ordine dei Templari e la leggenda popolare dei "Frati Bianchi" delle Grazie.Il 18 febbraio del 1839 si diffuse rapidamente la voce che erano stati ritrovati una pignatta di monete d'oro del valore di sessantamila scudi sonanti e un crocifisso anch'esso d'oro. Chi fossero i fortunati scopritori e dove si nascondesse il tesoro, non si riuscì a sapere. Vero è che la Locanda cosiddetta del Vescovo, attigua alla pescheria, presentava un grosso buco nel muro esterno e che due sconosciuti furono sorpresi mentre, zitti zitti, lo allargavano. Avvicinati da alcuni curiosi, i due se la squagliarono. Che stessero cercando altre pignatte? Questo, almeno, fu il sospetto generale. La Locanda del Vescovo diverrà poi l'Albergo del Leon d'Oro.Se un "cacciatore di tesori" della domenica volesse andare a colpo sicuro, gli si potrebbe suggerire di scavare nella cantina di una vecchia casa del rione di Montecavallo. Sia però avvertito, a scanso di responsabilità, che si tratta probabilmente di un "tesoro maledetto".Il 24 febbraio del 1825 fu rinvenuto il corpo esanime di un benestante riminese, tale Sebastiano Martelli di cinquantaquattro anni, persona "alquanto pingue" (annota il cronista Filippo Giangi) e "di goffa figura". Il corpo dello sfortunato fu ritrovato nella cantina della sua abitazione, dentro una fossa aperta di fresco; non presentava fratture nè contusioni nè segno alcuno di caduta o di violenza. Una morte misteriosa.Il Martelli - a quanto si sa - aveva un chiodo fisso: che in casa sua fosse nascosto un tesoro. Ignoriamo da dove traesse questa irremovibile convinzione. E' possibile che derivasse da vecchie tradizioni familiari: voci vaghe ma tenaci, trasmesse di padre in figlio. Un giorno gli fece visita un'"indovina o astrologa". La donna, interrogata, non solo gli confermò l'esistenza del tesoro, ma gli indicò esattamente il punto dove avrebbe dovuto scavare. Previde, inoltre, che avrebbe trovato uno scheletro e, sotto, un vaso di coccio pieno di monete d'oro e gioielli. Su questo, però, la chiaroveggente fu meno categorica: se il tesoro non stava nella pignatta, doveva trovarsi qualche spanna sotto.Si può ben immaginare l'eccitazione del bravuomo. Detto fatto chiamò un contadino e, con la scusa di voler ricavare una fossa da grano, lo fece scavare profondamente nel luogo indicato dall'indovina. Come costei aveva predetto, fu rinvenuto prima lo scheletro decapitato di un uomo e poi il vaso, ma vuoto.Il Martelli, ormai sicuro di essere a un passo dalla scoperta, liquidò in tutta fretta il contadino, cenò, prese una scala, un lume e un badile e scese nella buca. Da dove non uscì più fuori. Gli scettici pensino pure a un infarto; i "cacciatori di tesori" sanno bene che ogni tesoro che si rispetti è vigilato da un "guardiano" (di solito il fantasma di un uomo ammazzato allo scopo), e che mal incoglie al temerario e all'inesperto. E, certo, lo scheletro decapitato non prometteva niente di buono. Dov'era ubicata la casa di Sebastiano Martelli? Era situata, per la precisione, "sull'angolo dirimpetto al vicolo Malpasso" (nome che è tutto un programma), "per la via detta della Liscia Grossa", dietro alla contrada dei Magnani (oggi via Garibaldi). Ce n'è abbastanza per localizzarla esattamente. E per ricominciare a scavare. A proprio rischio e pericolo, s'intende.

Gela. «No alla profanazione di un cimitero di guerra italiano.

Maria Concetta Goldini21-06-2009, LA SICILIA
Fermiamo il saccheggio dei cercatori d'oro. Nessuno violi l'"Ancona"»: il soprintendente del mare in Sicilia, Sebastiano Tusa, si è fatto portavoce di una crociata per impedire che l'Odyssey Marine Exploration, una compagnia di cercatori d'oro di Tampa in Florida, impegnata da anni nelle ricerche di tesori marini, metta le mani sul piroscafo «Ancona» e sul suo prezioso carico d'oro.E' una storia terribile e triste quella del siluramento dell'«Ancona». Fu un crimine di guerra, come titolò il Daily Mirror il 26 novembre del 1915? O si trattò di un brutale assassinio di gente indifesa e non in assetto di guerra, come lo definì il governo statunitense dell'epoca protestando con Vienna?L'«Ancona», una nave di 8188 tonnellate di stazza, lunga 147 metri e larga 17,70, giace a circa 400-500 metri di profondità in acque internazionali tra la Sardegna, la Sicilia e la Tunisia, a circa 90 miglia marine a ovest di Marettimo e a 60 miglia a Nordest di Bizerta.Quel gioiello della tecnologia, armato dalla Società di navigazione a vapore di Genova, era partito da Trieste, aveva fatto tappa a Napoli e poi a Messina per accogliere disperati diretti in cerca di fortuna a New York, tappa finale della lunga traversata. Con loro c'erano anche 12 barili di lingotti d'oro, forse frutto di transazioni tra banche.La sera del 17 novembre del 1915 il cielo era cupo. Il capitano dell'«Ancona», Pietro Massardo, si trovava sul ponte della «nave degli emigranti» quando ricevette un'informazione via radio che riferiva i sottomarini nelle vicinanze. Non ne fece però cenno ai passeggeri.Il sottomarino c'era veramente. Era l'U38 guidato da Max Valentiner. Issava bandiera austriaca ma era tedesco.La Germania allora non era ancora entrata in guerra. Tra i due comandanti ci fu un'intera giornata di comunicazioni via radio. Valentiner voleva che il capitano dell'«Ancona» consegnasse il piroscafo e tutto il suo carico. Massardo si oppose e l'«Ancona» fu silurato.Morirono 206 persone, tutte quelle che non riuscirono a lasciare il piroscafo. Una tragedia che, come per il Titanic, sarebbe stata meno pesante se ci fosse stato a bordo un numero sufficiente di scialuppe. E invece no. Tra scialuppe lanciate troppo presto in mare e sommerse dalle onde ed altre che mancavano, circostanze unite al panico dei passeggeri, quella dell'«Ancona» fu una tragedia di immani proporzioni.Fece scalpore e suscitò sdegno in Italia contribuendo a rinforzare il fronte degli interventisti.Testimonianze del siluramento dell'«Ancona» si trovano nei giornali dell'epoca, ma anche negli archivi tedeschi dove c'è il resoconto del comandante dell'U38.Nel 2007, la società americana Odyssey ha individuato l'esatto punto in cui giace il relitto e ha avanzato al Tribunale di Tampa in Florida la richiesta sui diritti del piroscafo e l'autorizzazione al recupero. Le leggi americane riconoscono il diritto di proprietà a chi trova o recupera un tesoro.Il Tribunale di Tampa ha dato un anno di tempo a chi vuole fare opposizione per presentarla.Si è fatta avanti Madrid, ma la richiesta è stata respinta perché non è un piroscafo spagnolo. L'unica che ha interessi e può opporsi è l'Italia.La battaglia per salvare l'«Ancona» dai cercatori d'oro è tutta siciliana. L'ha avviata il soprintendente del Mare, Sebastiano Tusa, chiedendo alla Farnesina di intervenire e allegando il dossier sull'«Ancona».Le autorità consolari hanno ottenuto una proroga, ma i tempi stanno per scadere e l'archeologo ieri da Gela è tornato alla carica.«Negli abissi ci sono i nostri corregionali. Quell'oro è dell'Italia e della Sicilia e bisogna opporsi al saccheggio di un nostro cimitero. Il governo italiano lo può fare appellandosi alla convenzione dell'Unesco del 2001 che tutela i cimiteri di guerra definendoli intoccabili».L'assessore regionale ai Beni culturali, Gaetano Armao, dal canto suo si è impegnato ad incontrare la prossima settimana il sottosegretario agli Esteri, Scotti, per sollecitare un'energica opposizione italiana al saccheggio dell'«Ancona».